Falconeria

Falconeria e nobiltà

La pratica della falconeria si registra nei popoli delle terre d’occidente già dal quarto secolo, ma l’origine molto probabilmente orientale, data ad un tempo ancora più lontano.

Nel primo medioevo la falconeria era operata senza distinzioni di casta. L’editto di Rotari, significativo per quanto attiene la regolamentazione e normativa afferente la caccia, prevedeva infatti che chiunque riuscisse ad appropriarsi di un falco, potesse uccellare liberamente, evitando ovviamente i boschi regi. Solo se il legittimo proprietario si fosse presentato a rivendicare il proprio uccello, chi lo avesse catturato era tenuto a restituirlo senza sanzione.

Con il trascorrere dei secoli la falconeria si caricò di sempre maggior prestigio ed agli occhi dei potenti essa incarnò significati politici, proiezione di passione cinegetica, ma anche mezzo di esaltazione di potere. La falconeria divenne un privilegio e l’uccello da preda un simbolo di nobiltà, oggetto di doni raffinati e graditi.

Il signore inoltre non lesinava denari per farsi ritrarre nei momenti topici della caccia, soprattutto con il falcone sul pugno, segno distintivo del proprio rango, che si portava appresso addirittura nelle cerimonie ufficiali, negli abboccamenti con gli ambasciatori, nei banchetti di corte.

Contrariamente a quanto prevedeva l’editto di Rotari, secoli dopo, la cattura o furto di un rapace non venne solo interpretato come un danno all’altrui proprietà, ma come un vero e proprio attentato ad un privilegio di classe. Alla fine del medioevo la falconeria incarnò un simbolismo di potere così forte da costituire prezzo di pagamento dei diritti feudali e di vassallaggio.

Gerarchia allegorica

Andrà inoltre osservato come la falconeria esprimesse, tra i suoi numerosi simbolismi, anche quello di  più incondizionato dominio. Relativamente ai predatori venne anche stabilita una particolare scala di valori ed abbinamenti iconografici, teorizzazione di una vera e propria gerarchia allegorica speculare dei titoli nobiliari, che sintetizzava la visione planetaria che la nobiltà aveva di se stessa.

Così, secondo il Boke of S.Alban, l’aquila fu associata all’Imperatore, il girifalco al Re, il falco pellegrino al Conte (Marchese o Duca), l’astore al proprietario di campagna, lo sparviero all’ecclesiatico e lo smeriglio alla nobile dama.

Estratto de Boke of S.Alban

L'arte della falconeria

Fu Federico II di Svevia ad incrementare in modo decisivo la conoscenza e la pratica della falconeria, con il suo De arte venandi cum avibus, in un certo senso coadiuvato dalla progressiva scomparsa delle grandi foreste, cui faceva riscontro una sempre maggiore disponibilità di brughiere e spazi aperti che facilitavano il tipo di caccia condotta con i rapaci.

Illustrazione da Da arte venendi cum avibus

L’astore e lo sparviero (accipitrini) erano assai abili a predare in territori ricchi di copertura arborea, anche particolarmente folta, mentre falchi e girifalchi (falconidi) preferivano di gran lunga territori amplissimi e aperti, stepposi o paludosi che fossero, cacciando prede quali lepri, aironi e gru, pernici e galline prataiole, starne e tarabusini, allodole, anatre e oche selvatiche, fagiani e quaglie.

Esemplare di Astore

Si dovrà per altro osservare come nella falconeria si impiegassero, oltre a qualche aquila (in epoca medievale), anche falchi pellegrini, gentili, gentili lanieri, sacri e tusinenghi, recolizi o bastardi, spagnoli, spinanbecchi, lapidari e arborali, nonché girifalchi, astori, sparvieri e smerli.

Con la comparsa delle armi la falconeria venne sempre meno praticata nella caccia, sino quasi a scomparire; praticata da celebri falconieri inglesi e spagnoli  dal 1920 al 1960 successivamente viene introdotta come soluzione di sicurezza negli aeroporti dando ottimi risultati.

La falconeria oggi è usata in molti aeroporti a livello mondiale ed è la soluzione che al momento da risultati più validi, anche se i movimenti animalisti sostengono il contrario senza prove e dati.